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Pescara, emozioni alle stelle con Donati, Calcaterra e De Benedictis

di STEFANO SIRIANI www.abruzzolive.tv

Emozioni alle stelle ieri pomeriggio a Pescara all’incontro organizzato da “Corrilabruzzo” e da “Runners Pescara”, dal tema “A TUTTI I COSTI il successo… sopra tutto”. Ha fatto gli onori di casa Mario De Benedictis,  presentando al pubblico Sandro Donati definendolo “il maestro dello sport e uno scienziato dello sport" – e rimarcando che “la lotta al doping sembra quasi una lotta contro i mulini a vento e Alessandro Donati è stato considerato un “Don Chisciotte” per la sua etica nello sport”. Poi Giorgio Calcaterra campione delle ultra distanze che ha vinto oltre a tre campionati del mondo, anche per ben 12 volte consecutive la 100 chilometri del “Passatore” e si appresta alla tredicesima partecipazione il prossimo 26 maggio. Assente giustificato, che ha affidato i suoi saluti ad un video proiettato in sala, Tommaso Marchese, avvocato esperto di tematiche antidoping. (nella foto da sinistra, Alessandro Donati, Mario De Benedictis, Giorgio Calcaterra)

foto 1 suriani

 Il dibattito è entrato subito nel vivo quando alla domanda rivolta da De Benedictis a Calcaterra su cosa rappresentasse secondo lui il doping sportivo, quest’ultimo lo ha definito “Un furto. Credo che chi si dopa stia realmente rubando. Secondo me dovrebbe essere considerato non solo un reato sportivo. Chi si dopa non solo ruba i titoli sportivi, ma ruba la nostra fiducia. Purtroppo, questo stato di cose insinua dubbi su tante prestazioni sportive e non si è mai certi se le vittorie siano sempre pulite”. Nel Passare la parola a Donati, il moderatore lo ha invitato a commentare una sua affermazione durante un convegno passato nel quale Donati asseriva: “Punto centrale del doping risiede nella corruzione delle istituzioni che si autoassolvono e si difendono l’una con l’altra, descrivendo il doping come fenomeno strettamente individuale, e dove il singolo paga per tutti”. “Indubbiamente le persone sono attratte da quello che è vicino a loro, da quello che vedono, e fanno fatica ad immaginare quello che c’è dietro - ha risposto Donati. - Purtroppo io il doping l’ho scoperto dal di dentro, all’interno del Coni, perché ero un dipendente del Coni e un allenatore della squadra nazionale. Mi fu proposto di fare il doping agli atleti della squadra nazionale. Quindi, da quel momento la mia visione è stata diversa. Io nei confronti di un atleta dopato, mi pongo le seguenti domande: chi ha organizzato a che si dopasse? Chi lo copre? Chi ha creato il sistema di protezione cosicché possa continuare a doparsi? Ad esempio, ci sono categorie di atleti che godono di esenzioni terapeutiche per patologie che non hanno. Quella è una forma di doping istituzionale. Questi atleti si dopano con la protezione delle istituzioni. Credo sia più difficile per il pubblico comprendere il ruolo delle istituzioni corrotte. Purtroppo, queste sono alla base di tutto”.

foto 2 suziani

 Successivamente De Benedictis ha solleticato Donati sulla differenza tra il “doping dei campioni, degli sponsor ultra milionari” e “il doping degli amatori”, affermando che quest’ultimo “fa grossi numeri per le case farmaceutiche.” Nel merito Donati ha risposto che: “Sono due fenomeni molto diversi nel senso che sono tutte e due da condannare, ma il professionista ha delle motivazioni e stimoli di carattere economico, oppure legate al successo che in qualche modo contribuiscono a determinare questa sua decisione sbagliata. L’atleta amatoriale non gode di nessun vantaggio economico, paga perfino per partecipare alle gare, non ha guadagni da portare avanti, non ha gratificazioni derivanti dalle prestazioni,  perché il risultato non ha nessun significato. Quindi, è evidente che di fronte al doping degli amatori noi dobbiamo porci altre domande: qual è la reale causa? Qual è il motivo? La risposta è una non accettazione di se stessi. E’ un’ambizione che va al di la delle proprie capacità e di voler apparire più bravi di quello che si è. In qualche modo il doping degli amatori è molto più grave del doping dei professionisti, anche perché si svolge tra colleghi, amici, che non hanno la stessa ossessione da risultato. Negli amatori un terzo fa uso abituale di farmaci, circa 3,3 farmaci a testa, in genere antinfiammatori e antidolorifici. E’ evidente che non sono dopanti, ma indicano l’ossessione di dover andare avanti ad ogni costo, quando ad esempio, davanti ad una infiammazione bisogna solo fermarsi e aspettare che passi. La salute è al primo posto. E’ molto più grave il doping amatoriale perché gli amatori sono spesso padri, madri, nonni, di giovani atleti e infondono loro una cultura sbagliata, avendo trasformato la pratica sportiva non come un piacere, ma in una ossessione”.

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